About: Ghost stories

[voto: 7.6/10]

[attenzione: spoiler inside]

Confessiamo ciò che ovvio, siamo sempre stati affascinati da chi dedica la propria vita a smentire i vari santoni che promettono guarigioni straordinarie o millantano di poter contattare l’aldilà. Questo perché da laici probabilmente riteniamo troppo sottovalutato questo aldiquà; questo non vuol dire che non è bello compiere bellissimi viaggi mentali in cerca e in costruzione di altrimondi, ma un conto è farlo per la produzione di opere di fantasia, un conto è farlo per ingannare la gente.

L’inzio di Ghost Stories (diretto da Jermy Dyson e Andy Nyman) è un chiaro omaggio all’attività di James Randi, infatti ci fa vedere l’investigatore del paranormale Phillip Goodman (lo stesso Andy Nyman) cogliere in castagna un sedicente telepate/medium che nel teatro dove teneva lo spettacolo, si faceva dire dagli assistenti tramite una ricetrasmittente (grazie a una sapiente raccolta di informazioni fatta in precedenza) i dati delle persone che aveva di fronte e millantando così di saper leggere nelle loro menti (questo è in effetti un caso di debunking famoso fatto da James Randi e mostrato nel film documentario “An honest liar”).

Gli omaggi però finiscono qui, quando Goodman viene invitato da colui che considera il suo maestro (il misteriosamente scomparso, presunto morto, Charles Cameron) a investigare su tre casi inspiegabili e che lo hanno convinto che il paranormale esiste.

Goodman indaga su queste tre storie terrificanti, il fantasma di una bambina che appare ad un guardiano notturno, un ragazzo che è convinto di aver investito il diavolo nel bosco mentre aveva rubato la macchina al padre, e un uomo (Martin Freeman aka Bilbo Baggins) che ha visto il fantasma di sua moglie mentre questa moriva di parto.

Per lo spettatore nel vedere il racconto di queste storie l’inquietudine sale a livelli quasi insopportabili, eppure è chiaro (e lo sarà anche a Goodman) che c’è qualche incongruenza; in particolare manca la fase di “paranormal investigation” dove si dovrebbe tentare di smentire i racconti. Ma soprattutto la domanda che Goodman si fa è: come mai Cameron l’ha invitato a indagare su storie che non hanno nessun testimone e prove se non il racconto (terrificante) degli stessi protagonisti?

Quindi torna al luogo dove Cameron è nascosto, ma anche se scoprirà che in fondo le storie che gli hanno raccontato sono false (il cervello vede quello che vuole vedere) l’incubo che dovrà affrontare (per il resto della sua vita, se può chiamarsi vita) è molto più terribile.

Martin Freeman (applausi a scena aperta per il suo triplice ruolo nel film) ruolo conduce Goodman nella tana del bianconiglio e lo spettatore ha la libertà di interpretare quello che è successo in base a cosa ci è stato narrato.

Il conflitto fra scienza e paranormale è affrontato in modo sincero e anche se ad una prima impressione si può pensare che il film sia critico verso le posizioni scettiche, in realtà è un apprezzamento di queste anche se contiene un velato avviso.

Se abbiamo ben capito l’intenzione dei registi è come voler dire: fate attenzione a non inaridirvi nella vostra mission scientifica: probabilmente, anzi quasi sicuramente, avrete ragione ma non cadete nel tentativo inutile di voler togliere “la magia” anche dal campo delle emozioni personali.

Il film non può che richiamare alla mente il recente Red Lights con R. De Niro, C. Murphy e S. Weaver, entrambi ben fatti ed entrambi ottimamente recitati. Forse questo da preferire come analisi psicologica, mentre Red Lights forse è superiore come opera cinematografica.

J. Mnemonic