OBBLIGO O VERITÀ: TI SFIDO A DIVERTIRTI.

Obbligo o Verità?” è un film horror attualmente nelle sale, girato da Jeff Wadlow e prodotto dalla Blumhouse Productions.

La trama è questa: durante lo SpringBreak americano, un gruppo di amici decide di fare una vacanza in Messico prima che la vita divida le loro strade. Durante l’ultima serata Olivia (Lucy Hale, conosciuta per il ruolo da protagonista in “Pretty Little Liars”) incontra un ragazzo al bar, Carter, che convince lei e i suoi amici ad andare in un monastero abbandonato. All’interno di tale monastero i ragazzi iniziano a giocare a “Truth or Dare”, ovvero “Obbligo o Verità”, e si vengono a scoprire le dinamiche del gruppo, e subito si scade nello stereotipo: c’è la ragazza ingenua, l’attaccabrighe, il buffone, il belloccio, l’alcolizzata, la puttanella …

Quando tocca a Carter dire la verità, alla domanda “Quali sono le tue intenzioni con la nostra dolce Olivia?” risponde Dovevo trovare una ragazza ingenua con amici da ingannare e far venire qui. Diciamo che Olivia è stata una preda facile! Vi ho portato qui perché mi sta bene che degli estranei muoiano, purché io possa vivere”. Il gioco alla fine segue i ragazzi anche a casa, poiché si scopre che è posseduto da un demone. Se non si dice la verità, se non si accetta la sfida, se si smette di giocare si muore.

Queste sono le premesse da cui parte il film, delle buone premesse, idee ottime sviluppate … malissimo.

Il teen drama è veramente troppo preponderante; la trama è ripetitiva e non ci sono mai evoluzioni significative, l’unico interesse è quello rivolto al triangolo amoroso tra Olivia, la sua migliore amica Markie e il ragazzo di quest’ultima, Lucas. Molte sfide sono collegate a questa dinamica, ad esempio (SPOILER ALERT!!!) Olivia prima deve rivelare che Markie tradisce Lucas continuamente, poi deve andare a letto con il suddetto, e lui deve dire di chi è realmente innamorato, fino a dover scegliere chi uccidere tra le due. Andare a vedere un film horror e ritrovarsi davanti un drammetto adolescenziale è molto deludente. Sotto questo punto di vista il film regala anche un paio di risate, ma non credo fosse quello l’intento. Anche il lato demoniaco è realizzato maluccio: le facce delle persone possedute dal demone si trasformano in volti ghignanti deformati come da un filtro di Snapchat (paragone che viene fatto all’interno del film stesso).
Ci sono molti riferimenti alla cultura giovanile, come il bellissimo montaggio della vacanza in Messico che riproduce le instagram stories, ed è sicuramente la trovata più pregevole. Il problema è che anche questi riferimenti alla lunga stancano. Il lato horror è fatto principalmente di jumpscares anche inutili. La tensione cala proprio sul più bello. Con un’idea così si poteva osare molto di più. È vero che il film è realizzato a basso budget, ma è la sceneggiatura il vero punto dolente: manca il climax, è prevedibile, scialba, piatta.
Non è possibile che la cosa più assurda che sia venuta in mente agli sceneggiatori è far uccidere una persona contro la volontà del giocatore! Di una noia quasi mortale. La parte in cui la tensione si sente di più non è nemmeno il finale, ma la spiegazione dell’origine del demone Callux. Sì, sul finale si riprende, è l’unica svolta insospettabile e lascia lo spettatore a bocca aperta, ma l’ora e quaranta precedente è tutto un litigarsi Lucas tra Olivia e Markie. Gli attori sono quasi tutti famosi per aver interpretato ruoli in serie tv dedicate al pubblico adolescenziale, ma finendo sul grande schermo potevano fare un salto di qualità, andare oltre i ruoli stereotipati.

Il personaggio meglio riuscito alla fin fine è proprio Markie che all’inizio sembra essere semplicemente una ragazza superficiale ai limiti della credibilità e poi si scopre la più fragile e quella con un passato più burrascoso rispetto agli altri. Olivia, al contrario, durante il film diventa di un odioso che si inizia a sperare che muoia da un momento all’altro, e (SPOILER!!!) nemmeno questa soddisfazione si riesce ad avere!

Insomma, non è un film completamente sbagliato, l’idea di partenza è buona, ci sono delle cose realizzate bene, ma non è sicuramente all’altezza delle aspettative: 5,5/10.

Ilaria Alleva