Buffy The Vampire Slayer è ancora un’ottima serie
Era l’ormai lontanissimo 2000 quando andò in onda su Italia 1 il primo episodio di Buffy the Vampire Slayer, dal genio di Joss Whedon. Fino al 2005 molti di noi sono rimasti incollati allo schermo (nonostante la programmazione completamente priva di senso delle reti Mediaset).
Qualche mese fa, Amazon Prime ci ha fatto un bellissimo regalo: ha messo a disposizione degli abbonati tutte le sette stagioni (per vederle cliccate pure qui), così per i nostalgici e per i novellini il binge-watching è diventata l’unica opzione. Ho iniziato il rewatch timorosa: e se la serie che tanto avevo amato da bambina fosse invecchiata malissimo? Fortunatamente non è stato così: mi sono ritrovata a seguire la vicenda con un coinvolgimento degno delle migliori serie contemporanee. Ma prima di parlare della serie in sé, è necessario un po’ di contesto.
I “favolosi” anni ’90
Successivi alla caduta del muro di Berlino, gli anni ’90 segnano l’avvento di alcune importanti novità a livello mondiale. Dalla globalizzazione al World Wide Web, dall’Unione Europea come la conosciamo oggi (o quasi) allo scioglimento dell’URSS, dalla moda ai blog. Lo stile personale ormai fa la differenza.
Sono anche, però, anni lontanissimi dal nostro politically correct. Ricordo in particolare la censura degli anime e delle serie tv che mostravano scene di amore omosessuale. Il bigottismo ipocrita che strumentalizzava il corpo delle donne in prima serata. L’appiattimento culturale che persino io percepivo quando i miei coetanei alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” rispondevano “la velina” o “il calciatore”.
Il Girl Power prima che fosse mainstream
Se in Italia è l’era d’oro dei cinepanettoni, all’estero l’immagine femminile in tv sembra essere più avanti. Dalle protagoniste ribelli e volitive del Rinascimento Disney a Xena Principessa Guerriera, passando per le infinite band musicali tutte al femminile, negli Stati Uniti si inizia a parlare di Girl Power. Buffy the Vampire Slayer si inserisce perfettamente all’interno di questo cambio di rotta: non solo il destino dell’umanità è in mano a una donna giovane e forte, ma a una serie di donne simili dalla notte dei tempi. Infatti, alla fine sono proprio le Cacciatrici potenziali, unendo il loro potere a dispetto di quanto avevano imposto loro gli antichi stregoni, a vincere il Male.
Buffy Summers: ribaltare i cliché
Buffy Summers (Sarah Michelle Gellar), all’inizio della sua avventura incarna perfettamente lo stereotipo del capo delle cheerleaders: bionda, superficiale ed egocentrica. Quando le viene svelato che è colei che deve difendere il mondo dai demoni e dai vampiri, senza poterlo dire a nessuno, sembra la persona meno capace di farlo. Eppure, assolve il proprio dovere, che le costa l’espulsione dal liceo di Los Angeles, e il trasferimento a Sunnydale con sua madre, che nel frattempo ha divorziato. Man mano che la serie avanza, Buffy mostra una serie di sfaccettature che sembrano collidere con lo stereotipo di cui eravamo convinti. Si dimostra leale, caparbia, intelligente e, nonostante il suo potere, molto fragile.
Caccia ai demoni
Soprattutto nelle prime stagioni le trame autoconclusive di ogni episodio sono molto originali. Burattini indemoniati, professori che si trasformano in mostri, fantasmi che affollano la scuola… c’è molto di più del vampirismo nelle sfide che Buffy si ritrova ad affrontare. Ma più la serie avanza, più ci si rende conto che in realtà ciò che di più mostruoso il mondo ha da offrire ha delle motivazioni tutte umane: storie di vendetta e di rimpianto e temi (all’epoca sottovalutatissimi) come il bullismo e il femminicidio si intrecciano. D’altro canto, quelli che dovrebbero essere i mostri assetati di sangue, spesso si comportano in maniera esemplare, dimostrando di essere capaci di buoni sentimenti e buone intenzioni. Il confine tra buoni e cattivi è sempre più difficile da individuare.
Vampiri vecchio stile
Una delle cose che preferisco di Buffy, è che quando un personaggio è malvagio, lo è per davvero, a meno di non seguire una parabola lungo tutte le stagioni. Ma i vampiri di Buffy non solo sono davvero spaventosi nel loro aspetto naturale e ferino, ma sono anche votati al Male. Escono solo di notte, bruciano al sole e soffrono argento e frassino. Ah! Che meraviglia godersi un po’ di vampirismo vecchio stile nell’era post Twilight.
L’amore non basta ad essere felici
Come ho già detto, Buffy the Vampire Slayer può essere considerato un manifesto del femminismo contemporaneo, anche in virtù delle azioni della protagonista per quanto riguarda le relazioni amorose. Orde di fan continuano a scannarsi tra team Angel (David Boreanaz) e team Spike (James Marsters), i due tenebrosi vampiri con cui Buffy intrattiene le relazioni più importanti. Il primo, tormentato da una maledizione che gli impedisce di essere felice, si comporta con lei come un angelo custode. Ma nel momento in cui diventa disumano, nonostante i suoi sentimenti, Buffy non esita ad ucciderlo perché sa che è la cosa giusta da fare. Dopo vari stratagemmi della sceneggiatura per farlo tornare nella vita della protagonista, i due si lasciano nonostante l’amore reciproco. Perché la loro storia d’amore è troppo dolorosamente complicata per essere portata avanti e Buffy non è disposta a scendere a compromessi. Non c’è possibilità che lei diventi una vampira per passare l’eternità con lui. Al contrario, lui è disposto a diventare un umano e cercherà di trovare un modo. Ma nel frattempo lascia Buffy libera di vivere la sua vita.
Relazioni tossiche
Il secondo vampiro con cui Buffy intrattiene una relazione è Spike: da sempre malvagio, acerrimo nemico della Cacciatrice, per una serie di eventi si innamora di lei. Buffy, dopo averne passate di cotte e di crude, si concede a lui in un momento di grande crisi e depressione, quando sembra l’unico a capire il suo dolore e in grado di farle provare qualcosa. Ma Buffy non prova mai vero amore nei confronti di Spike. Il suo è piuttosto un disperato grido di aiuto. E nella serie lo dimostra il fatto che la prima volta che consumano il loro rapporto, distruggono un edificio. Da una relazione del genere, basata sulla rabbia, sul dolore, sulla violenza, non può scaturire nulla di buono. E infatti, il tutto culmina nell’episodio che mostra il tentato stupro di Buffy da parte di uno Spike esasperato e disperato. Attenzione: Spike non viene mai giustificato per questo. Il suo comportamento è condannato, lui si vergogna e si odia per ciò che ha tentato di fare. Ma non è il solo carnefice. Se lui è ossessionato in maniera morbosa da Buffy, lei non fa che usarlo e manipolarlo come più le conviene. Dopo il tentativo di violenza, è chiaro a entrambi che la loro relazione malata è giunta al capolinea. Dopo questo evento Spike decide di iniziare davvero il suo percorso di redenzione che lo porterà ad essere un campione del Bene.
Un valzer con la Morte
Per tutta la serie è più che evidente il rapporto con la Morte. Dopotutto, Buffy è la designata a combattere i non-morti e passa gran parte del suo tempo libero nei cimiteri. Eppure, nonostante per predestinazione divina debba combattere la morte, Buffy ne è anche irrimediabilmente attratta. Lo dimostrano gli uomini che sceglie, e ammette lei stessa, dopo gli eventi della quinta stagione, di desiderare la morte per essere in pace. Anche l’ironia e lo humor con cui affronta ogni volta i propri nemici, hanno sempre sfumature nere e sono un modo per esorcizzare al tempo stesso la paura di morire e la paura del desiderio di morte, che per lungo tempo resta percepibile solo sullo sfondo. Le cose non fanno che peggiorare al college, quando l’impatto con la vita reale si fa molto più pressante: la morte della madre, e le relative conseguenze, non fanno che acuire il profondo senso di solitudine della protagonista. Ma in fondo, lo si capisce dalla prima stagione: Buffy non fa che danzare un valzer con l’Oscura mietitrice. Viene circondata dalla Morte in ogni sua forma (e infatti le persone accanto a lei cadono come mosche) finché smette di essere l’unica Cacciatrice e sceglie di condividere il suo potere. E dunque, anche la sua condanna.
La Scooby Gang e l’ottimo sviluppo dei personaggi
Nonostante i personaggi secondari siano molti, c’è un ottimo sviluppo per ognuno di loro: Xander (Nicholas Brendon), l’unico a non avere alcun potere soprannaturale, è l’amico fidato sul quale si può sempre contare. Tuttavia, la sua parabola lo trasforma da liceale impacciato a uomo coraggioso che combatte al fianco dei suoi amici nonostante sia il più vulnerabile. Willow (Alyson Hannigan), da timida nerd diventa prima una strega potentissima e poi addirittura una dea. Inizialmente innamorata di Xander, si scopre omosessuale e la narrazione che si fa della sua storia con Tara è davvero valida, senza sbavature da stereotipo: Willow è sempre caratterizzata come persona dalle mille sfaccettature, mai etichettata a un solo ruolo (come si tende a fare ancora oggi). Giles (Anthony Head), da Osservatore severo a figura paterna. Anya (Emma Caulfield) da demone della vendetta a eroina della battaglia contro il Male. Non esistono personaggi bidimensionali.
Note dolenti
Partiamo dalle note dolenti letterali: la colonna sonora. Esclusa la sigla, che resta un capolavoro, rivedendo la serie mi sono chiesta “dio mio, ma veramente andava di moda ‘sta roba!?”. Una serie di canzoni rock e punk o più semplicemente depresse rovinano molti dei migliori episodi della serie. Al contrario, l’episodio musical è davvero geniale: per molti essere costretti a cantare a danzare fino alla morte rivelando i propri sentimenti può essere il peggiore degli incubi. E poi c’è Dawn (Michelle Trachtenberg). La Chiave. Il personaggio più insopportabile di tutte le 7 stagioni. Ogni volta che compare sullo schermo mi viene il mal di testa. Non fraintendetemi: è scritto bene. Si giustifica più o meno tutto quello che la riguarda. E non si tratta del fatto che sia un’adolescente, quanto del fatto che sia una lagna capace solo di piagnucolare. Quanto l’ho odiata.
Considerazioni finali
Una storia davvero ben scritta, sullo schermo funziona solamente se sostenuta da ottime interpretazioni e da un cast affiatato. A Buffy The Vampire Slayer non manca nessuna delle due cose. Sì, gli effetti speciali sono datati. D’accordo, i costumi delle prime stagioni non sono esaltanti. Va bene, a volte c’è il rischio della ridondanza. Sì, la quinta e la sesta stagione sono molto drammatiche e spesso la scrittura porta lo spettatore a farsi domande scomode sulla propria esistenza (ma d’altronde anche questo fa parte di una buona scrittura). Sì, in questo particolare momento storico le ultime stagioni in particolare potrebbero gettarvi ancora di più nello sconforto. Ma una cosa è certa: nonostante siano passati vent’anni, Buffy The Vampire Slayer resta una delle migliori serie tv che siano mai state prodotte.
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