Cinema Horror 2019: tra delusioni, capolavori e la solita ricerca del film perduto

Il 2019 al cinema poteva essere ricordato come l’anno Kinghiano per eccellenza vista la presenza dell’eccellente “Doctor sleep” (sequel di “Shining”) che sembra essere riuscito a mettere d’accordo sia i fan del film che quelli dei libro originale, e del remake di “Pet Sematary” che ha reso onore sia al libro che al vecchio film.

Al di là delle perplessità iniziali e dei soliti criticoni per cui tutto ciò che è remake o sequel è sbagliato “a prescindere”, entrambi i film avevano compiti difficili davanti. “Pet Sematary” doveva non far rimpiangere uno dei film più amati dai fan nonché il primo per cui il Re accettò di essere direttamente citato come autore della storia.

Remake assolutamente riuscito con storia rivisitata e arricchita di qualche personaggio, valorizzata riprendendo anche delle parti del libro originale trascurate nel primo film ma con un finale totalmente nuovo e sorprendente. Cosa che ha disgustato ovviamente i puristi, ma che non ha potuto non entusiasmare chiunque abbia guardato il scevro da pregiudizi iniziali.

Doctor Sleep aveva di fronte un compito ancora più difficile, portare sullo schermo il seguito del libro scritto da King (che nel libro avverte subito i suoi fedeli lettori sul fatto che quello è il seguito della vera storia della famiglia Torrence e di quella schifezza che tanti cinefili continuano ancora ad apprezzare non vuole saperne assolutamente nulla).

Compito riuscito anzi, riuscitissimo. Non solo Ewan Mc Gregor entra nei panni del Denny adulto riprendendo fedelmente il tracciato del libro, ma gli autori riescono anche ad unire il finale del libro (che si svolge nei luoghi dove c’era l’Overlook Hotel prima che esplodesse) con quello del film (dove invece l’hotel si era salvato). La stupenda villain Rosie Cilindro interpretata da Rebecca Ferguson e una sceneggiatura fedele al libro fin quando è possibile fanno il resto per fargli meritare un “otto” pieno sul nostro personale cartellino.

Purtroppo il disastro combinato da Muschietti sul capitolo 2 di It invece farà ricordare il 2019 come l’anno della colossale occasione mancata di rendere al cinema in modo degno l’immortale capolavoro di Stephen King.  Un gol sbagliato a porta vuota, l’errore di Baggio dal dischetto nella finale dei mondiali di calcio nel 1990; questo è per noi “It – chapter 2”. Pazienza, verrà un regista più coraggioso nei decenni a venire.

 

Fuori dal Kingverso ci sono state nel mondo horror impreviste delusioni e bellissime sorprese. Partiamo dalle delusioni:

Imprevedibilmente deludente  “Us” del regista Jordam Peele dal quale, dopo il bellissimo “Scappa! – Get Out” ci attendevamo molto di più. Un film che può avere i suoi momenti creepy apprezzabili, ma la cui risoluzione è veramente pessima.

Anche il molto reclamizzato “Escape Room” si è rivelato un prodotto deludente. Al di là dell’impossibilità reale di alcuni pezzi della trama, il lungometraggio perde pesantemente tutti i paragoni con i film simili; come il sempre inquietante “Cube” o lo stupendo “The game” che nel  genere real roleplayer resta sempre il punto di riferimento. Oppure se vogliamo svariare nel campo degli enigmi forse gli autori dovrebbero rivedersi la serie di Indiana Jones o gli enigmi che  Robert Langdon risolve nei polpettoni di Dan Brown. Consigliati anche qualche gioco adventure divenuti cult con il tempo, come “Zack Mc Kraken and the alien mindbenders” ma qui ci rendiamo conto che il nostro grado di nerditudine tende a più infinito.

 

Poi ci sono i film misteriosamente scomparsi dalle sale per motivi che non sarebbero mai scoperti neanche da Hercule Poirot e Sherlock Holmes messi insieme (a proposito, per gli amanti del giallo classico è imperdibile “Cena con delitto” di Rian Jones: un film da 10 e lode con bacio accademico). Ad esempio non possiamo dire che cosa ne pensiamo di “The Nest”, che nella nostra città di provincia è rimasto in proiezione neanche 48 ore,  o di “The dead don’t die” di Jim Jaramush di cui qui per tutta l’estate non si è avuta nessuna notizia, mentre il multisala teneva due sale aperte con la scelta fra un cartone animato e un cinepanettone ammuffito.

 

Gradevoli sorprese per noi sono state: il remake de “La bambola assassina” con un Chucky molto più convincente di quello degli anni ’80 dove la possessione demoniaca della bambola non riusciva ad essere convincente quanto la nuova tecnologia senza blocchi di sicurezza che gli consente di controllare tutto ciò che è on line; “Brightburn – L’angelo del male” in cui viene riproposto il tema del bambino alieno che precipita sulla terra e prende i superpoteri (chi vi ricorda?); ma questa volta la domanda è, cosa succederebbe se anche nel Kansas rurale l’adolescenza è così problematica da non consentire ai genitori di tenere sotto controllo il figlio? Un classico esempio di come le reali  paure odierne, in questo caso quelle sui figli incontrollabili, vengano poi riprese ed affrontate dal genere horror.

 

Ma il miglior film horror dell’anno è un prodotto tutto italiano, ovvero “Il signor Diavolo” di Pupi Avati che ritorna in questo genere da vero maestro e riprendendo in modo magistrale ciò che aveva seminato con “La casa delle finestre che ridono”.

Hanno parlato di “gotico padano” per questo film, il regista visto il successo ha detto che potrebbe girare una serie sul male in quelle zone. Possiamo solo dire che non vediamo l’ora.

“Il signor Diavolo” è scuola di genere, in soli 86 minuti e senza abusare di effetti speciali regala più emozioni forti di tutti i film ispirati dai coniugi Warren della recente produzione hollywoodiana messi assieme.

Dato che, sempre a nostro giudizio, il miglior film horror del 2018 era stato “Suspiria” di Luca Guadagnino possiamo dire con molto piacere che la scuola italiana torna a farsi sentire e a dare lezioni anche ai colossi asiatici e americani. E questo non può che farci molto piacere.

 

Alessandro Chiometti

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